Etna, la violenza del decimo parossismo: immagini ravvicinate della colata lavica
L’attività dell’Etna si è intensificata da quasi un mese, con frequenti esplosioni dal cratere di Sud Est. Un vulcanologo dell’Osservatorio Etneo catanese ha spiegato a Sputnik Italia come potrà evolversi l’attività vulcanica nei prossimi giorni e quali sono i possibili rischi per la popolazione.
Dal 16 febbraio il cratere Sud Est dell’Etna è in una fase intensa di attività vulcanica. I numerosi eventi parossistici si sono succeduti quasi ininterrottamente, dando origine a trabocchi lavici e colonne di fumo e ceneri, poi riversatisi nei vicini centri urbani. Uno spettacolo meraviglioso ma terribile. La violenza degli eventi eruttivi può comportare un rischio per le popolazioni del luogo?
Sputnik Italia ne ha parlato con il vulcanologo Marco Neri, primo ricercatore dell'Osservatorio Etneo dell'Istituto Nazionale di Geofisica di Catania, attualmente in comando presso la Struttura Commissariale per la Ricostruzione dell'Area Etnea - sisma 2018, con qualifica di vice-commissario ed esperto scientifico.
— Dott.Neri, cosa sta succedendo dal 16 febbraio in cima al cratere di sud est?
— Questo tipo di attività nell’area sommitale è la regola per un vulcano attivo in modo persistente come l’Etna. La diversità rispetto alle precedenti eruzioni può essere vista nel fatto che ci sono eventi eruttivi un po’ più violenti rispetto al passato, molto ravvicinati e che producono l’arrivo in superficie di un tipo di magma diverso, il che significa per i vulcanologi una serie di conseguenze che portano ad immaginare degli scenari di un certo tipo.
Il carattere di eccezionalità di queste eruzioni è dato prima di tutto dal fatto che non si erano mai avute attività così violente e ravvicinate sul cratere di Sud Est, l’attore principale di questi giorni.
Da quando si è formato nel 1971, il cratere di Sud Est, il più giovane dei quattro dell’Etna, ha rubato la scena agli altri crateri, nel senso che molto spesso erutta il cratere di sud est molto meno spesso eruttano gli altri crateri sommitali. Ma eruzioni così abbondanti, violente e frequenti forse non le aveva fatte mai.
Esiste anche un ulteriore elemento di diversità rispetto al passato, cioè il fatto che il magma che arriva in superficie è di tipo primitivo.
— Questo cosa significa?
— Se il magma, partendo dal mantello superiore dove viene generato, oltre 50 chilometri di profondità, arriva in superficie molto rapidamente non ha il tempo di raffreddare e mantiene la sua composizione primitiva, ovvero le caratteristiche chimiche del magma da cui trae origine.
Il magma primitivo è un magma molto gassoso che arriva in superficie esplodendo nelle attività che vediamo in questi giorni.
Al contrario, un magma di tipo evoluto, risale impiegando molte settimane o anche mesi ha il tempo di raffreddare, cambia la sua composizione e perde una parte dei gas.
— Questo tipo di magma è più pericoloso rispetto al magma evoluto?— Un magma evoluto contiene meno gas, quindi produce tendenzialmente eruzioni effusive o poco esplosive. Quindi se parliamo di esplosività, un magma primitivo è tendenzialmente più pericoloso perché produce un’attività esplosiva più rilevante.
Ma se il magma esce sempre dalla bocca sommitale del vulcano, cioè a 3.300 metri di quota, la sua pericolosità è relativa, perché non può generare delle colate di lava in grado di colpire i centri abitati scendendo lungo i fianchi del vulcano. Le colate restano all’interno di un’area di 6-7 chilometri rispetto alla bocca eruttiva.
Un magma evoluto, quindi degassato, può creare un problemi maggiori se l’eruzione non avviene dai crateri sommitali ma dai fianchi. Possono infatti aprirsi bocche in prossimità dei centri abitati e in questo caso le città sono potenzialmente “a tiro delle colate”.
Questo secondo tipo di fenomeno, maggiormente pericoloso, non è quello attuale ma quello verso cui probabilmente ci stiamo muovendo, perché l’Etna ha sempre fatto così.
— In che senso ci stiamo muovendo verso questo tipo di fenomeno più rischioso?
— L’Etna ha sempre alternato periodi di attività sommitale, come quello di questi giorni, seguite dalle cosiddette eruzioni “di fianco”. Sono state di questo tipo le eruzioni del 1999-2000 e del 2001-2002 che hanno distrutto Piano Provenzana a nord, hanno portato la lava a 4 chilometri da Nicolosi e distrutto parte del rifugio Sapienza.
Sono tutti fenomeni pericolosi che seguono dopo un po’ di tempo attività sommitali come quella attuale. E siccome l’Etna ha sempre fatto così e lo ha fatto soprattutto negli ultimi decenni, questo è uno scenario che anche se non è immediato però è molto probabile che avvenga in un prossimo futuro.
— E invece dall’attuale sequenza eruttiva cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi giorni?
— Tutti i parametri delle nostre reti di monitoraggio ci stanno dicendo che i fenomeni eruttivi continueranno nei prossimi giorni, perché la composizione del magma non sta cambiando, la frequenza è abbastanza costante nel tempo, non c’è un contesto di deformazioni che ci indichi un’intrusione laterale. Quindi quello che ci si aspetta è che l’Etna continui a fare quello che sta facendo adesso.
Il fenomeno cambierà quando diminuirà la quantità di magma che risale dal mantello o quando la quantità di magma supererà la capienza del condotto centrale, che quindi si spaccherà lateralmente e procurerà un’intrusione di un dicco magmatico al di fuori del condotto centrale. E questo è uno scenario simile a quello avvenuto nel 2018 ed è quello che temiamo di più perché più pericoloso, perché produrrebbe eruzioni a quota più bassa.
— L’Etna non è considerato un vulcano pericoloso, ma un paio di anni fa fece molto clamore uno studio pubblicato sul Bullettin of Vulcanology che rilevava uno “scivolamento” del vulcano verso Est, ridimensionato dall’Osservatorio Etneo che parla di un lieve “movimento di fianco” della portata di 2-3 cm l’anno. Di cosa si tratta e dobbiamo preoccuparci?
— Il fianco orientale dell’Etna, per un’estensione di circa 700 km/q da Piano Provenzana a Ragalna, non è stabile, si muove impercettibilmente ma continuativamente verso est e verso sud-est, come se fosse un enorme “frana”.
La velocità media con cui si deforma questo fronte del vulcano è di circa 2-3 cm l’anno, ma quando avvengono intrusioni laterali del magma generano una spinta addizionale all’instabilità di questo fianco, come è avvenuto nel 2018 quando una di queste faglie in particolare si è mossa e una porzione molto estesa del fianco orientale dell’Etna si è spostata di circa 18 centimetri. In questo caso, per muoversi la crosta di 18 centimetri, si deve muovere anche una faglia e generare un terremoto, come quello che nel 2018 ha distrutto una parte degli abitati di Fleri, Pennisi, etc.La fenomenologia tra movimento di fianco dell’Etna ed eruzione di fianco sembra una fenomenologia intimamente legata, cioè quando ci sono eruzioni di fianco quasi sempre la velocità di deformazione di questo versante del vulcano accelera e produce una sismicità superficiale che può essere distruttiva se si muovono faglie che passano in zone urbane.
Questo collasso lento e costante non interessa soltanto la parte sub-aerea del vulcano ma si prolunga anche sotto il livello del mare sino a 2.000 metri di profondità. Quindi si tratta di un fenomeno lento ma enorme, sia sopra il livello del mare sia nel fondale marino antistante la zona di Fondachello, Giarre, Stazzo, Acireale, Capo Mulini, Acitrezza. Un fenomeno che non deve impressionare, di cui conosciamo la pericolosità perché può generare una sismicità superficiale come quella del 2018 che impatta sul territorio, e che va monitorato. Difatti le reti di monitoraggio dell’INGV coprono con particolare densità il fianco orientale dell’Etna.
Fonte: https://it.sputniknews.com
I punti di vista e le opinioni espressi nell'articolo non necessariamente coincidono con quelli di Sputnik.
No hay comentarios:
Publicar un comentario